Mario Cygielman (Archeologo direttore coordinatore Soprint. Archeologica della Toscana) dice NO al

lunedì 5 marzo 2012

LA NUOVA STREGA DEL PADULE: IL RISCHIO IDRAULICO


L’art. 142 della Legge Regionale n. 66, del 27 dicembre 2011, “Legge finanziaria per l'anno 2012”, ha scatenato le ire delle associazioni di categoria, degli ordini professionali e del Comune di Grosseto, incolpando la Regione Toscana di aver bloccato lo sviluppo urbanistico ed edilizio ed “ingessato” il territorio agricolo.
E’ intervenuto anche il PD grossetano, sostenendo che gli effetti della norma comportano l’impossibilità di trasformare, potenziare e riqualificare l'attività agricola e agrituristica, ritenendo pertanto necessaria una revisione della stessa.
La questione viene dunque spostata sul piano politico, scaricando le responsabilità sulla Regione, ma siamo sicuri che questa è la giusta interpretazione?
La Regione ha inserito la norma sul rischio idraulico nella legge finanziaria, pertanto la filosofia dovrebbe essere rivolta al risparmio economico, limitando costose opere idrauliche a carico degli Enti Pubblici, là dove gli interventi possono essere diversamente localizzabili, oltre che, alla tutela del territorio e dei cittadini. Soprattutto questi ultimi, infatti non dobbiamo dimenticare che gli eventi alluvionali dell’ottobre scorso in Lunigiana e nello spezzino, oltre a presentare un elevato costo economico, sono stati caratterizzati da numerosi lutti.
Questa rigidità attribuita alla Regione non deriva certo dall’emotività generata dalle alluvioni, infatti la norma si riferisce alle aree, classificate dai Piani Strutturali o dai PAI (Piani di Assetto Idrogeologico), come aree a Pericolosità Idraulica Molto Elevata, per le quali l’attività di trasformazione ed edilizia era già fortemente limitata. Basti ricordare che il Regolamento Regionale n. 26/R del 2007 stabilisce che, per le aree a Pericolosità Idraulica Molto Elevata, non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione.
Questo rappresenta solo uno stralcio della complessa ed articolata normativa Regionale in materia, alla quale i Comuni devono adeguare la loro politica di gestione del territorio. Quindi la Regione, con l’art. 142 della legge finanziaria, ha solo specificato meglio e con più forza ciò che già era in vigore sul rischio idraulico..
Vediamo, allora, perché il Comune di Grosseto ha l’80% del territorio classificato a Pericolosità Idraulica Molto Elevata (P.I.M.E.).
Le politiche di governo del territorio, a livello comunale, si attuano attraverso il Piano Strutturale (Strumento di Pianificazione Territoriale) ed il Regolamento Urbanistico (Atto di Governo del Territorio). Il Piano Strutturale definisce il Quadro Conoscitivo e contiene, fra le altre, la “Carta delle aree a pericolosità idraulica”, mentre il Regolamento Urbanistico disciplina l’attività urbanistica ed edilizia.
Prendendo come esempio il territorio a nord del Comune (Braccagni-Madonnino), vediamo come si è sviluppata, a livello cartografico, la perimetrazione del rischio idraulico negli Strumenti Urbanistici.
La cartografia sul rischio idraulico allegata al Piano Strutturale del Comune di Grosseto, adottato nel 2004 e approvato nel 2006, contiene una classificazione diversa da quella adottata dalla Regione Toscana nel PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), ma non presenta vaste aree riconducibili a Pericolosità Idraulica Molto Elevata. Seppur con nomi diversi le due perimetrazioni coincidono, ma allora, perché oggi l’80% del territorio comunale è vincolato?

Estratto cartografia del PAI del Bacino Regionale Ombrone


Estratto cartografia del Rischio Idraulico del Piano Strutturale (in rosso le aree a P.I.M.E.)

Dal confronto delle due cartografie possiamo osservare che le aree a Pericolosità Idraulica Molto Elevata, perimetrate nel PAI, sono state riprese dal Comune nel Piano Strutturale.
La situazione cambia nella stesura del Regolamento Urbanistico, dove il Comune inserisce una nuova carta delle aree a rischio idraulico, giustificandola in attuazione del Regolamento Regionale 26/R del 2007, peraltro non obbligatoria, perimetrando quasi tutta la pianura grossetana a Pericolosità Idraulica Molto Elevata.

Carta del Rischio Idraulico allegata al Regolamento Urbanistico (in rosa le P.I.M.E.)

Il confronto di quest'ultima cartografia con le precedenti evidenzia un aumento sostanzioso delle aree classificate a Pericolosità Idraulica Molto Elevata.
Il Regolamento Regionale 26/R impartisce direttive per la stesura dei Piani Strutturali, stabilendo che vanno classificate a Pericolosità Idraulica Molto Elevata aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali, in assenza di studi idrologici e idraulici, si hanno notizie storiche di inondazioni o sono morfologicamente in situazione sfavorevole. Mentre, per i Regolamenti Urbanistici indica criteri normativi generali, come, ad esempio, che non sono da prevedersi interventi di nuova edificazione per le quali non sia dimostrabile il rispetto di condizioni di sicurezza o non sia prevista la preventiva o contestuale realizzazione di interventi di messa in sicurezza.
L’art. 142, della Legge finanziaria Regionale n. 66/2011, disciplina gli interventi nelle aree a Pericolosità Idraulica Molto Elevata classificate dai Piani Strutturali o dai PAI, non facendo menzione dei Regolamenti Urbanistici, in quanto sono i P.S. a definire il quadro conoscitivo. Quindi, norme alla mano, l'art. 142 si applica alle cartografie del P.S., cioè alle aree P.I.M.E. della prima carta.
In base alle norme di cui sopra il Comune di Grosseto poteva scegliere di lasciare la perimetrazione effettuata nel Piano Strutturale, in quanto alla data di entrata in vigore del Regolamento 26/R era già dotato di P.S., oppure, nel dimostrare la propria sensibilità verso questo problema a seguito degli eventi del 2004, approvare una variante al Piano Strutturale, producendo studi idrologici e idraulici dettagliati, al fine di individuare la giusta classificazione del territorio anche in base alle opere idrauliche realizzate nel tempo.
Invece, ha applicato al Regolamento Urbanistico le direttive di carattere generale contenute nel Regolamento 26/R e destinate al Piano Strutturale, violando così le norme in materia di formazione degli Strumenti Urbanistici.
Da quanto sopra si evince che, interpretando la norma, l'art. 142 non si applica alle perimetrazioni del rischio idraulico contenute nel Regolamento Urbanistico, che il Comune ha probabilmente violato le norme sulla formazione degli Strumenti Urbanistici, modificando con il R.U. ciò che compete al P.S., e soprattutto, che ha operato una classificazione del rischio idraulico in maniera generica e superficiale, senza tenere conto delle opere di difesa idraulica realizzate sul territorio.
Gli stralci cartografici si riferiscono all'area del Madonnino, a nord di Braccagni, dove sono state realizzate importanti opere di difesa idraulica (idrovore, canalizzazioni, casse di espansione, varchi sotto la S.S. 1 Aurelia, ecc.), costate ad oggi 8 milioni di Euro e che dovevano servire a diminuire il rischio idraulico, mentre sulla carta è ancora molto elevato.
La soluzione del problema sta sicuramente nella revisione delle cartografie del Piano Strutturale, attraverso studi idraulici che tengano conto delle opere di difesa realizzate e nel ritiro delle cartografie prodotte, in modo superficiale, nel Regolamento Urbanistico, altrimenti si rischia di aver sprecato, una volta di più, soldi pubblici per opere inutili.
Al momento, però, sembra più semplice addossare le responsabilità ad altri, chiedendo la revisione delle norme, lasciando i cittadini e le aziende agricole nella melma di un “padule” quale sta diventando il Regolamento Urbanistico.
                                                                                                                       Fabio Bargelli

1 commento:

  1. Il Comune deve semplicemente stralciare la cartografia e la relazione idraulica allegate al R.U. rimettendo la disciplina della materia alla modifica del PS... così tutto finisce.. e il RU può essere approvato senza intoppi; ovviamente deve poi affidare ad un team di esperti l'individuazione delle aree PIME reali... non potenziali, tenendo conto dei lavori di bonifica e del modo in cui gli eventi del 2004 hanno interessato le zone di riferimento... tutto qui, sembra banale, ma è questa la soluzione lineare semplice e indolore al problema che da mesi non fa dormire tante persone... ora se per commettere gli errori si pagano parcelle a cinque zeri, quanto deve pagare il comune a chi come noi da semplici cittadini trova la soluzione ai problemi inesistenti che assillano piazza dante?

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