Nei giorni
scorsi sulla stampa è stato pubblicato uno stralcio delle osservazioni elaborate
dalla Regione Toscana al Regolamento Urbanistico del Comune di Grosseto,
accusando i nostri amministratori di cementificare eccessivamente il territorio
comunale.
Scrive la
Regione: “Al fine di garantire il
perseguimento dei principi di sviluppo sostenibile e di tutela delle risorse
essenziali del territorio interno e della programmazione territoriale comunale,
occorre sia rivalutato il consumo di suolo introdotto dalle nuove
trasformazioni (pari quasi alla metà della superficie territoriale dell’intera
città di Grosseto) e sia riequilibrato il rapporto tra i nuovi interventi e
quelli di recupero e di riqualificazione previsti, attualmente sbilanciato a
favore delle nuove trasformazioni”.
La Regione ispirata da una
politica di governo del territorio sensibile al consumo di suolo, orientata ad uno
sviluppo urbanistico che eviti la formazione di conurbazioni; ossia che due o
più città vicine, indipendenti tra loro, si dilatino fino a saldarsi
topograficamente (inglobazione di centri periferici), producendo un crescente
squilibrio fra aree meno abitate e città, formando sterminate periferie
degradate con conseguenti problemi di carattere socio-economico.
Politica, questa, poco sentita
dall’attuale Amministrazione, almeno da quanto traspare dall’analisi del
Regolamento Urbanistico adottato dal Comune.
La Regione Toscana osserva che,
rispetto al dimensionamento massimo previsto dal Piano strutturale, il
Regolamento Urbanistico consuma il 70% di quanto destinato al residenziale
(332mila mq, 4mila alloggi), il 45% di quanto destinato al turistico ricettivo,
il 40% di quanto destinato al terziario (126mila mq) e il 35% di produttivo
(544mila mq).
Il Regolamento Urbanistico ha una
durata di 5 anni mentre il Piano Strutturale indica in 15 anni la fase minima
temporale per attuare la previsione complessiva; peccato che questo Regolamento
Urbanistico, da solo, utilizza già il 70% di quanto previsto per il
residenziale e il 40% (in media) rispetto alle altre previsioni. Questo
evidenzia uno squilibrio nelle previsioni urbanistiche, non dettato da esigenze
oggettive (crescita demografica o sviluppo industriale).
Il rischio è che si costruisca
troppo rispetto alle reali esigenze del territorio, con effetti facilmente
desumibili: incremento delle seconde e terze case, abbassamento del valore
immobiliare, offerta edilizia non accompagnata da adeguata offerta di lavoro. Inoltre,
l’espansione richiede l’aumento dei servizi ai cittadini, ai quali, già oggi,
le Amministrazioni stentano a far fronte. Risultato: degrado?
Insomma, un Regolamento
Urbanistico da rivedere ma di questo ce ne eravamo già accorti.
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